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La copertina

  • La concia recupera ogni anno 8 mln di tonnellate di scarti dell’alimentare. Ma non riesce a comunicare la sua anima green

    di K.F.
    Il settore conciario italiano è leader in Europa nella produzione di pelle bovina (66%), in cui operano circa 1.100 aziende (perlopiù concentrate in quattro distretti) per un fatturato di 4,6 mld nel ‘22. Nonostante il settore sia cruciale, quando se ne parla si rischia di incappare in facili pregiudizi. “Ma la pelle è un sottoprodotto dell’industria alimentare, - ha spiegato Mastrotto, presidente dell’omonimo gruppo - e il 73% degli scarti che derivano dalla sua produzione vengono recuperati”. Importante quindi imparare a comunicare il lato sostenibile e circolare di questa industria, le cui imprese continuano con la loro “innovazione responsabile” per ridurre l’impatto ambientale delle lavorazioni
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Analisi

    Braggion (Corichem): “Facciamo chimica green per la concia. In cinquant’anni il comparto si è trasformato”

    di K.F.
    L’azienda di Arzignano è attiva nella produzione e nel commercio di prodotti chimici e coloranti sostenibili per il settore conciario. L’ad Pierluigi Braggion: “Abbiamo tre laboratori, uno di ricerca e sviluppo e due applicativi in cui proviamoi nuovi prodotti e mettiamo a punto i processi. Quando poi andiamo dai nostri clienti, che sono le concerie, mostriamo come si possa arrivare ad un certo risultato pur con un minor impatto ambientale”. Contrariamente alla comune percezione, il comparto ha subito trasformazioni significative, “ grazie all’automazione il lavoro fisico è stato molto mitigato, così come l’impatto ambientale. Ad esempio con ial convogliamento automatico delle acque che vanno direttamente agli impianti di depurazione”
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Approfondimenti

    Da scarto dell’industria conciaria a sottoprodotto multisettoriale. Christian Dal Maso: “Recuperiamo e trattiamo il sale per impiegarlo nel disgelo stradale”

    di Sara Orsi
    Le concerie italiane producono in media 1.34 kg di rifiuti per metro quadrato di pelle, ma grazie a impianti tecnologicamente avanzati, oltre il 72% di questi viene riutilizzato, riciclato o recuperato. Un esempio concreto è l'attività di Dal Maso Group, con sede ad Arzignano, che si occupa del recupero di sale e dello smaltimento dei fanghi dell'industria conciaria. Tuttavia, nonostante gli sforzi e gli investimenti “ostacoli burocratici e la mancanza di fiducia da parte delle amministrazioni rallentano l'effettiva realizzazione di queste attività”
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    La finta pelle? È cruelty free, ma difficile da smaltire. “Il suo pregio? I prezzi contenuti. E una via più green è possibile”

    di S.Se.
    Massimo Tchen è l’amministratore dell’azienda fondata dal padre nel 1993 a San Giorgio di Piano (BO) che produce e commercializza tessuti in finta pelle. “Quella in poliuretano è davvero un’alternativa alla vera pelle, ma d’altronde lo è già da quarant’anni” afferma, raccontando come sia ancora possibile migliorare questo tipo di tessuto sul versante della sostenibilità. Anche se “il mercato a livello mondiale è in contrazione: qui in Italia ha influito il calo della produzione automobilistica”
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I focus di Cult

Il design italiano evolve per sfuggire alle crisi. «Ma restiamo ancorati alle radici»

di Nicolò Guelfi
Un settore difficile da quantificare. Tra arte, ingegneria e industria, per il report Design Economy di Symbola dovrebbe valere oltre 6 miliardi. E mentre sostenibilità e digitalizzazione cambiano le regole del gioco e crescono le necessità di settori 'nuovi' come l'healthcare, storiche eccellenze e piccole realtà fanno i conti con la vera sfida: proteggere ciò che ci rende unici
Approfondimenti

Il ‘copiare creativo’ del distretto dello scarpone. Bettiol: «Oggi il design porta lo stile sportivo nella vita quotidiana»

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Garcia: «Anticipare le tendenze, non seguirle. L’ispirazione per le auto la cerchiamo in altri settori»

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Crosetta: «20 anni fa vincemmo il Compasso d’Oro con il Tubone. Oggi puntiamo sull’efficienza»

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Fumetti, dopo il boom il settore frena. Il futuro? Passa per la crossmedialità

di Camilla Consonni & Nicolò Guelfi
Dal 2019 il settore è cresciuto del 213%. Ma tra '23 e '24 le vendite hanno iniziato a rallentare. Mentre le edicole spariscono, il digitale si afferma come canale distributivo essenziale e i colossi globali investono sempre più sul talento italiano. La sfida più grande? Per Marco B. Bucci: «Catturare l’interesse della Gen Z, diversificando le modalità con cui il fumetto prende vita»
Approfondimenti

Masiero (Bonelli): «Il fumetto ‘popolare’ ad alta tiratura scomparirà. Ma il settore si sta già reinventando»

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Bucci: «Il mercato è saturo, le scuole di Comics devono formare professionisti più versatili»

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Al Palazzo del Fumetto di Pordenone, la tradizione italiana si valorizza «contaminando i linguaggi»

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Editoria scolastica, è sfida tra (pochi) big. Ma bisogna fare i conti con il calo demografico

di Camilla Consonni & Nicolò Guelfi
Il mercato dei libri scolastici in Italia vale 794 milioni di euro l’anno ed è dominato da pochi grandi gruppi. Ora anche colossi come Feltrinelli e Treccani si alleano per entrare nel settore, mentre l’intera filiera affronta costi energetici in aumento. Fontanari (Grafica Veneta) avverte: «Stiamo assistendo a una continua erosione dei nostri potenziali clienti»
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Riva (Aie) lancia l’allarme: «Il settore va verso la contrazione. In 20 anni un quarto degli studenti in meno»

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Furi: «Anacronistico il tetto dei prezzi. Il digitale? Per ora non è una minaccia»

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Ambrosio (Holden): «Un manuale può essere anche appassionante. Se si usano strumenti nuovi»

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Discoteche italiane più che dimezzate in 15 anni. Ma la provincia continua a ballare

di Nicolò Guelfi
Sono oltre 2100 le attività che hanno chiuso dal 2010, tra costi di mantenimento sempre più alti, il calo demografico dei giovani italiani e una pressione fiscale altissima. Ma le difficoltà non sono solo economiche: a cambiare è stato innanzitutto il modo in cui si socializza (e si ascolta la musica). Resistono, tuttavia, le realtà provinciali: «Costi più contenuti»
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Gli imprenditori: «Noi come i cinema. Il pubblico cambia e la concorrenza digitale pesa»

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Botteghi: «Non basta più mettere dischi. Oggi un deejay deve avere altre competenze»

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Rudeejay: «Spesso siamo dopolavoristi. E vediamo che lo smartphone ha vinto sulla pista»

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